mercoledì 28 settembre 2016

Quintessenza


Tesla, uno dei più grandi scienziati di tutti i tempi, ebbe a dire : “L’etere è portatore di luce e riempie ogni spazio, l’etere agisce come forza creativa che dà la vita. Viaggia in “turbini infinitesimi” (“micro eliche”) prossime alla velocità della luce, divenendo materia misurabile. La sua forza diminuisce e arriva a terminare del tutto, regredendo in materia, secondo una specie di processo di decadimento atomico […] Ogni atomo ponderabile è differenziato da un fluido tenue, che riempie tutto lo spazio meramente con un moto rotatorio, proprio come fa in vortice di acqua in un lago calmo. Una volta che questo fluido – ovvero l’etere – viene messo in movimento, esso diventa grossolana materia. Non appena il suo movimento viene arrestato la sostanza primaria ritorna al suo stato normale […] Può allora accadere che, se riesce in qualche modo a imbrigliare questo fluido, l’uomo possa innescare o fermare questi vortici di etere in movimento in modo da creare alternativamente la formazione e sparizione della materia. Dunque al suo comando, quasi senza sforzo da parte sua, vecchi mondi svanirebbero e nuovi mondi entrerebbero nell’esistenza. L’uomo potrebbe così alterare le dimensioni di questo pianeta, controllare le sue stagioni, aggiustare la sua distanza dal sole, guidarlo nel suo viaggio eterno lungo l’orbita di sua scelta, attraverso le profondità dell’universo. Egli potrebbe far collidere i pianeti e creare i suoi soli e le sue stelle, il suo calore e la sua luce, egli potrebbe dare origine alla vita in tutte le sue infinite forme. Dare origine alla nascita e alla morte della materia sarebbe il più grande degli atti umani, cosa che darebbe all’uomo una conoscenza profonda della creazione fisica; tutto questo gli permetterebbe di compiere il suo destino ultimo”.


domenica 19 giugno 2016

Oggi come ieri


Quando ero piccola pensavo di poter trasformarmi o di poter trasformare ciò che volevo. Ne ero convinta.
Mi piacerebbe ancora credere in quella magia con tutta me stessa!

sabato 4 giugno 2016

Viaggi...


In psicologia lo chiamano "viaggio dell'eroe". 
Ci sono certi viaggi ci portano ad avvicinarci alla nostra vera identità, alla nostra essenza. 
E così al di fuori sembrano solo spostamenti, in realtà e' la ricerca di noi stessi... Elena 

lunedì 8 febbraio 2016

Guerrieri arcobaleno




I Guerrieri dell'Arcobaleno

Nel secolo scorso una vecchia saggia della nazione indiana Cree (nota 1), chiamata "Occhi di Fuoco", ebbe una visione del futuro.

Predisse che un giorno, a causa della cupidigia dell'uomo bianco o "Yo-ne-gi", la Terra sarebbe stata devastata ed inquinata, le foreste distrutte, gli uccelli caduti dal cielo, le acque annerite, il pesce avvelenato nei ruscelli, gli alberi non più presenti e l'Umanità, così come noi la conosciamo, avrebbe cessato di esistere.

Un tempo in cui i "Custodi della leggenda,delle storie, dei rituali della cultura, dei miti, e di tutte le Antiche Tradizioni Tribali" sarebbero stati necessari per restituirci la salute, rendendo di nuovo la Terra verde.

Essi sarebbero stati la chiave per la sopravvivenza del genere umano e indicati come i "Guerrieri dell'Arcobaleno" (nota 2). Sarebbe venuto il giorno del Risveglio, allorché l'intera compagine di tutte le tribù avrebbe formato un Nuovo Mondo di Giustizia, di Pace, di Libertà e il riconoscimento del Grande Spirito o Padre Celeste.

I "Guerrieri dell'Arcobaleno" avrebbero diffuso questi messaggi ed insegnato ai popoli della Terra, chiamati anche "Elohi".Avrebbero ammaestrato tutti sul modo di percorrere la "Via del Grande Spirito".Avrebbero detto loro come la gente si sia allontanata dall'Eterno: il vero motivo per cui oggi il pianeta si trovi "ammalato".

Gli stessi "Guerrieri" avrebbero annunciato come questo "Ineffabile Essere" (il Grande Spirito), sia colmo d'Amore e di comprensione, e suggerito come rendere la Terra bella di nuovo.

Essi avrebbero trasmesso i principi e le regole da seguire affinché le persone compissero il loro cammino luminoso unitamente al mondo.

Questi capisaldi sono quelli delle Antiche Tribù, e i "Guerrieri" mostreranno ai popoli le vecchie pratiche di Unità, Amore e Conoscenza. Insegneranno l'Armonia tra le popolazioni ai quattro angoli della Terra.

Come le ataviche tradizioni riportano, essi esporranno alle genti come pregare il Grande Spirito d'Amore che scorre simile ad un bellissimo torrente di montagna fluente verso l'oceano della vita. Ancora una volta, esse saranno capaci di percepire la gioia nella solitudine e nei consigli.

Le persone saranno libere dalle gelosie e in grado di amare tutti gli uomini come propri fratelli, indipendentemente dal colore, dalla razza o dalla religione. Sentiranno la felicità entrare nei loro cuori puri che irradieranno calore, comprensione e rispetto per ogni Essere,fondendosi con l'intera Umanità, con la Natura e il Padre Celeste.




Alimenteranno di nuovo la mente, il cuore, le anime, e gli atti con i pensieri più elevati. Cercheranno la bellezza del Maestro della Vita – il Grande Spirito!Troveranno la forza e la bellezza nella preghiera e nel silenzio rivelatore.

I loro figli potranno come una volta correre liberi e gioire dei tesori della Natura e di Madre Terra. Liberi dalla paura delle tossine e della distruzione provocate dall'uomo bianco o "Yo-ne-gi" e le sue azioni improntate all'avidità.

I fiumi scorreranno nuovamente limpidi, le foreste saranno lussureggianti e belle, gli animali e gli uccelli reintegrati. I poteri delle piante e della fauna saranno ancora rispettati e la conservazione di tutto ciò che è bello sarà diventato un normale modo di vivere.

I poveri, i malati e i bisognosi saranno curati dai loro fratelli e sorelle della Terra. Questi interventi torneranno ad essere una parte della loro vita quotidiana.

I capi dei popoli non saranno scelti alla vecchia maniera: per il loro partito politico o perché capaci di alzare maggiormente la voce, vantarsi di più, basarsi sul proprio nome o denigrare altri politicamente, ma risulteranno eletti per via delle loro opere che parleranno di più.

Solo coloro, infatti, che avranno agito con amore, saggezza e coraggio, dimostrando di attuare il lavoro per il bene di tutti,saranno nominati leader o capi; designati per le loro "qualità" e non per l'ammontare di denaro che avrebbero potuto ottenere.

Come gli "Antichi Capi Indiani" riflessivi e devoti, essi sapranno comprendere le popolazioni con lo stesso amore e discernimento con cui da giovani sono stati educati nel loro ambiente.




Essi mostreranno che i miracoli possono compiersi per guarire questo mondo dai suoi mali, e restituirgli la salute e la bellezza.

I compiti di questi "Guerrieri dell'Arcobaleno" saranno molteplici e grandi. Ci saranno terrificanti montagne di ignoranza da conquistare ed essi si confronteranno con pregiudizi ed odio.

Dovranno essere votati alla loro missione; incrollabili nel vigore, e forti d'animo.Troveranno dei cuori e delle menti disponibili che li seguiranno su questa strada di ritorno alla "Madre Terra" per la bellezza e l'abbondanza - una volta di più.

Quel giorno arriverà, non è molto lontano.

Sarà il tempo in cui constateremo come dobbiamo la nostra esistenza alle persone di ogni tribù che avranno conservato la loro cultura e il loro patrimonio, perché avranno mantenuto vivi i rituali, le storie, le leggende e i miti.

Sarà con questa Conoscenza, quella che essi hanno conservato, che potremo ancora tornare «all'Armonia» con la Natura, la Madre Terra e l'Umanità. Ed è con questa Consapevolezza che troveremo la singola "Chiave per la nostra sopravvivenza".

Questa è la storia dei "Guerrieri dell'Arcobaleno".




N o t e

1) I Cree sono uno dei più grandi gruppi di nativi americani in Nord America. Ci sono più di 135 tribù di questa etnia che vivono in Canada, con una popolazione totale, oggi, di circa 200.000 persone.

2) Il termine "Guerrieri dell'Arcobaleno"rappresenta emblematicamente le quattro razze colorate: rossa, gialla, nera e bianca che rispettivamente indicano la Terra-Est, l'Aria-Sud, l'Acqua-Ovest e il Fuoco-Nord.




Al popolo rosso, il Grande Spirito ha affidato la tutela della Terra, con flora e fauna per insegnare a rispettarla.

Al popolo giallo (in Tibet), ha affidato il Vento e il Cielo (Aria) per trasmetterne la spiritualità.

Al popolo nero ha affidato la tutela dell'Acqua, umile e potente, per diffonderne gli ammaestramenti e i segreti che la riguardano.

Al popolo bianco, infine, il Grande Spirito ha affidato la tutela del Fuoco. Questa razza deve sapere quindi, prima di istruire gli altri, che questo elemento può essere tanto utile quanto estremamente dannosofino a portarla o all'annientamento o alla sublimazione di se stessa attraverso la purificazione.

(Sintesi tratta da una piccola parte del discorso di Lee Brown al congresso indigeno del 1986 in Alaska) QUI, in inglese.


Fonte: birdclan.org

mercoledì 20 gennaio 2016

Cassiopea: un mito nel cielo


Moglie dell'etiope Cefeo, re di Joppa, e madre di Andromeda.
Cassiopea si era un giorno vantata dicendo che la sua bellezza e la bellezza di sua figlia superavano quella delle Nereidi, e le Nereidi si lagnarono di quell'insulto invocando l'aiuto del loro protettore Poseidone. Questi scatenò contro la Filistia la furia delle acque e di un mostro marino; e quando Cefeo consultò l'oracolo di Ammone, gli fu risposto che la sua unica speranza stava nel sacrificare Andromeda al mostro. I sudditi furono perciò costretti a incatenarla a una roccia, nuda ma con certi gioielli addosso, perché il mostro la divorasse.
Perseo, mentre superava da nord la costa della Filistia, vide una donna ignuda incatenata a uno scoglio presso il mare e subito se ne innamorò. Costei era Andromeda. Si avvicinò in volo alla giovane e vide Cefeo e Cassiopea che lo seguivano ansiosi con lo sguardo dalla spiaggia, e scese accanto a loro per chiedere in gran fretta consiglio. Perseo ottenne dal re la promessa che, se fosse riuscito a salvare Andromeda, l'avrebbe potuta portare con sé in Grecia come moglie; poi Perseo, preso di nuovo il volo, decapitò il mostro che si era lasciato trarre in inganno dall'ombra di Perseo sulle onde. Il giovane aveva estratto la testa della Gorgone dalla sacca per servirsene semmai il mostro avesse alzato lo sguardo, e la depose ora capovolta su un letto di alghe (che subito si trasformarono in coralli) mentre si ripuliva le mani; poi innalzò tre altari e sacrificò un vitello, una mucca e un toro a Ermete, ad Atena e a Zeus.
Cefeo e Cassiopea, seppure a malincuore, lo accolsero come genero e, per insistenza di Andromeda, ebbero subito luogo le nozze. Ma la festa fu interrotta bruscamente allorché Agenore, fratello gemello del re Belo, fece irruzione nella sala alla testa di un gruppo di armati, reclamando Andromeda come sua sposa. Egli era stato convocato, senza dubbio, da Cassiopea, che si riteneva sciolta dalla promessa fatta a Perseo in un momento di necessità e considerava Agenore il legittimo pretendente di Andromeda.
Nella battaglia che seguì, Perseo abbattè molti dei suoi avversari, ma fu costretto a strappare la testa della Gorgone dal cespuglio di corallo e a tramutare in pietre i duecento guerrieri che ancora erano rimasti in vita.
Poseidone pose tra le stelle le immagini di Cefeo e di Cassiopea, ma quest'ultima, in punizione del suo tradimento, è legata a una cesta della spesa che, in certe stagioni dell'anno si capovolge mettendo Cassiopea in posizione ridicola.

La leggenda del filo rosso


Una leggenda popolare giapponese, originata da una storia cinese, narra che ogni uomo e ogni donna viene al mondo con un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra (la versione originale cinese narra che il filo è legato alle caviglie); questo filo unisce indissolubilmente due anime gemelle, due amanti, due persone destinate a vivere insieme, non importa la distanza, non importa l’età, la classe sociale o altro, è un filo che lega due anime per sempre.
Questo filo rosso non è visibile, è lunghissimo, indistruttibile e serve a tenere unite le due persone che sono destinate a stare insieme per sempre,il problema è che essendo molto lungo il filo spesso si aggroviglia e crea intrecci strani e nodi che creano difficoltà alle due anime destinate a congiungersi; ogni groviglio che verrà sciolto sarà il superamento di un ostacolo nella relazione, ogni nodo che verrà districato servirà a rafforzare il legame.
運命の赤い糸 Unmei no akai ito ovvero la Leggenda del Filo Rosso del Destino

Durante la Dinastia Tang (regnante dal 618 d.C. al 907) c’era un tale di nome Wei i cui genitori morirono quand’era ancora molto giovane. Una volta diventato grande desiderava ardentemente sposarsi e avere una famiglia, ma purtroppo, per quanto la cercasse, non riusciva a trovare una moglie.

Mentre era in viaggio, giunse un giorno in una città di nome Song, dove trovò alloggio in una locanda. Lì incontrò uno sconosciuto al quale, chiacchierando, espose le proprie difficoltà. L’altro gli disse che la figlia del governatore della città sarebbe stata un buon partito per lui, e si offerse di parlare con il padre della ragazza. Dopodiché i due decisero di rincontrarsi il mattino dopo di buon’ora davanti al tempio vicino alla locanda.
In preda all’ansia, Wei giunse al tempio prima dell’alba, quando la luna era ancora alta in cielo. Sui gradini del tempio, appoggiato con la schiena a un sacco, sedeva un vecchio, intento a leggere un libro alla luce della luna.
Avvicinandosi e data un’occhiata alle pagine da sopra la spalla del vecchio, Wei si accorse di non poterne leggere neppure una parola.
Allora, incuriosito, gli chiese: “Signore, che libro è quello che stai guardando? Fin da bambino ho studiato parecchie lingue e conosco molte scritture, ma mai in vita mia ho visto un libro simile.”
Il vecchio rispose sorridendo: “E’ un libro proveniente dall’Aldilà”.
“Ma se tu vieni da un altro mondo, che ci fai qua?” chiese Wei.

Prima di rispondere il vecchio si guardò attorno, quindi disse: “Ti sei levato molto presto. Di solito non c’è in giro nessuno, tranne quelli come me. Noi dell’Aldilà, incaricati di occuparci delle faccende umane, dobbiamo andare qua e là tra gli uomini, e spesso lo facciamo nella luce crepuscolare dell’alba”
“E di che ti occupi?”
“Dei matrimoni” replicò l’altro.
Allora Wei gli aprì il suo cuore: “Sono solo al mondo fino dall’infanzia, e da molto tempo avrei voluto sposarmi e avere una famiglia. Per dieci anni ho cercato invano una sposa. Adesso spero di sposare la fanciulla del maresciallo. Dimmi, si realizzerà la mia speranza?”
Il vecchio guardò il libro e rispose: “No. Non è la persona a te destinata. In questo momento quella che sarà tua moglie ha solo tre anni, e la sposerai quando ne avrà diciassette.”

 


Deluso dall’idea di dover aspettare tanto, Wei notò il sacco cui il vecchio si appoggiava e gli chiese cosa contenesse.
“Filo rosso per legare i piedi di mariti e mogli. Non lo si può vedere, ma una volta che sono legati non li si puo’ più separare. Sono già legati quando nascono, e non conta la distanza che li separa, né l’accordo delle famiglie, né la posizione sociale: prima o poi si uniranno come marito e moglie. Impossibile tagliare il filo. Sicchè, visto che sei già legato alla tua futura moglie, non c’è niente da fare” rispose il vecchio.
E alla nuova domanda di Wei il vecchio replicò che la futura sposa non viveva lontana da lì, e che era la figlia della vecchia Chen, che aveva un banco sul mercato.
“Posso vederla?”
“Se davvero lo desideri, te la mostrerò, ma ricordati che il tuo futuro non cambierà.”
Ormai l’alba era spuntata e, visto che l’uomo che attendeva non si vedeva, Wei tutto eccitato seguì il vecchio al mercato.
Dietro la bancarella di frutta e verdura stava una povera vecchia cieca da un occhio, con una bambinetta al collo di circa tre anni, tutte e due vestivano di stracci.
“Ecco tua moglie” fece il vecchio indicando la piccina, e Wei replicò in preda alla delusione: “E se io la uccidessi?”
“E’ destinata a portare ricchezze, onori e rispetto alla tua famiglia. Qualsiasi cosa tu faccia, non puoi cambiare il destino” e così dicendo il vecchio scomparve.

Profondamente deluso e incollerito con il messaggero dell’oltretomba, Wei lasciò il mercato con intenzioni omicide. Trovato un coltello e resolo affilato come un rasoio, lo diede al suo servo dicendogli: “Hai sempre eseguito i miei ordini. Adesso va’ a uccidere quella bambina, e io ti compenserò con cento pezzi di rame.”
Il giorno dopo il servo, nascosto il coltello nella manica, andò al mercato e, celato tra la folla, si fece strada fino alla vecchia e alla bambina. Di colpo cavò il coltello, colpì la piccola, si voltò e scappò via, confondendosi con la folla strillante in preda al panico.
“Ci sei riuscito?” gli chiese Wei quando il servo si presentò.
“Ho cercato di colpirla al cuore, ma invece l’ho colpita tra gli occhi”
Il ragazzo ricevette il compenso pattuito e Wei, sollevato all’idea di essere libero di sposare chi volesse, continuò la sua solita vita, e col tempo si scordò dell’intera faccenda.

Tuttavia i suoi tentativi di trovare moglie furono vani, e così trascorsero quattordici anni. A quell’epoca lavorava in una località chiamata Shiangzhou, e le cose gli andavano molto bene, tanto che il suo superiore, il governatore locale, gli offrì in moglie la propria figlia. Così finalmente Wei ebbe una moglie bella e di ottima nascita, una diciassettenne che amava moltissimo.
Non appena la vide Wei notò che la ragazza portava sulla fronte una pezzuola che non si toglieva mai, neppure per lavarsi e dormire. Non le chiede nulla, ma la cosa non cessava di incuriosirlo. Poi, parecchi anni dopo, si ricordò all’improvviso del servo e della bambina al mercato, e decise di chiedere alla moglie la ragione della pezzuola.

Piangendo lei gli rispose: “Non sono la figlia del governatore di Shiangzhou, bensì sua nipote. Un tempo mio padre era il governatore di una città di nome Song, e là morì. Ero ancora piccola quando morirono anche mia madre e mio fratello. Allora la mia governante, la signora Chen, ebbe pietà di me e mi prese con sé. Avevo tre anni quando mi porto con sé al mercato, dove un pazzo mi accoltellò. La cicatrice non è scomparsa, e per questo la copro con una pezzuola. Circa sette od otto anni fa, mio zio ritornò dal Sud e mi prese con sé, per poi maritarmi come se fossi stata sua figlia.”
“La signora Chen era per caso cieca da un occhio?” chiese Wei.
E la moglie stupita: “Sì, ma come lo sai?”
“Sono stato io a cercare di ucciderti” spiegò Wei profondamente commosso “Com’è strano il destino!”
Dopodiché raccontò l’intera storia alla moglie, e adesso che entrambi sapevano tutta la verità, si amarono più di prima.
Più tardi nacque loro un figlio che divenne un alto funzionario, e godettero di una vecchiaia felice e onorata.
Tratto dal libro “Dei, Draghi e Eroi della Mitologia Cinese” di Tao Tao Liu Sanders – Arnoldo Mondatori Editore




sabato 16 gennaio 2016

Efesto: il dio del fuoco

efesto

MITO

Vulcano per i romani, era l’artigiano e il fabbro degli olimpici, il dio della fucina e delle fiamme vulcaniche. Dio del fuoco, zoppo (aveva un piede storpio), sfortunato in amore era però un genio creativo ed era l’unica divinità che lavorava.

CARATTERISTICHE DELL’ARCHETIPO

Impersona un profondo bisogno di creare oggetti funzionali e belli. E’ l’archetipo delle persone creative a cui piace lavorare in solitudine, anche senza arrivare al successo. La presenza di questo archetipo libera l’espressività attraverso il creare, per cui ciò che si sente profondamente e che non trova espressione verbale, prende una forma. Le persone Efesto provano sentimenti appassionati: l’intenso fuoco sessuale ed erotico che rimane chiuso nel corpo finchè non trova espressione; la rabbia e la furia spesso compresse e smorzate; una passione per la bellezza che eccita e viene avvertita nel corpo. Il lavoro non sarà semplicemente un’occupazione, ma espressione piena della sua creatività, imprigionato/a in un mestiere che non lo/la soddisfa può arrivare alla depressione.
Le sue parole chiave sono: creatività, sensibilità, capacità di realizzare ciò che desidera

LIMITI

Comunicare con le persone accompagnate da questo archetipo può essere molto difficile, non parlano generalmente delle loro emozioni, che rimangono intrappolate nel loro intimo ed espresse solo praticamente. Il lavoro è la loro grande passione ed occupa gran parte del loro tempo e della loro attenzione. Possono sentirsi rifiutate e disprezzate e non avere una reale autostima per quello che fanno e sono.

Tratto da http://www.ilcerchiodellelupe.it/?cat=8