mercoledì 28 gennaio 2015

AMORE E PSICHE: la favola dell'Anima


Un re ed una regina avevano tre figlie. Le maggiori erano andate in spose a pretendenti di sangue reale, ma la più piccola, di nome Psiche, era talmente bella che nessun uomo osava corteggiarla, tutti l’adoravano come fosse una dea. Alcuni credevano che si trattasse dell’incarnazione di Venere sulla terra. Tutti adoravano e rendevano omaggio a Psiche trascurando però gli altari della vera dea, perfino i templi di Cnido, Pafo e Citera erano disertati per una mortale. Afrodite sentendosi trascurata ed offesa, a causa di una mortale, pensò di vendicarsi con l’aiuto di suo figlio Amore e delle frecce amorose. La vendetta d’Afrodite consisteva di far innamorare Psiche dell’uomo più sfortunato della terra, con il quale doveva condurre una vita di povertà e di dolore. Amore accettò subito la proposta della madre ma, appena vide Psiche rimase incantato della sua bellezza. Confuso dalla splendida visione, fece cadere sul suo stesso piede la freccia preparata per Psiche cadendo cosi, vittima del suo stesso inganno. Egli iniziò cosi ad amare la ragazza e non pensò neanche per un attimo di farle del male. Nel frattempo i genitori di Psiche si preoccupavano perché un gran numero di pretendenti veniva ad ammirare la figlia, ma nessuno aveva il coraggio di sposarla. Il padre, preoccupato decise di consultare un oracolo d’Apollo per sapere se la figlia avesse trovato un marito, l’oracolo però gli comunicò una brutta notizia. Egli avrebbe dovuto lasciare la figlia  sulla  sommità  di  una  montagna,  vestita con  abito  nuziale.  Qui  essa  sarebbe stata  corteggiata  da  un  personaggio  temuto  dagli  stessi  dei. Malgrado questo, i genitori non volendo disubbidire alle predizioni dell’oracolo, portarono, al calar del sole, Psiche sulla montagna prescelta vestita di nozze, e la lasciarono lì sola al buio. Solo quando lei restò da sola venne uno Zefiro che la sollevò e la trasportò in volo su un letto di fiori profumati. Psiche si svegliò quando sorse il sole e guardandosi attorno vide un torrente che scorreva all’interno di un boschetto. Sulle rive di questo torrente s’innalzava un palazzo d’aspetto cosi nobile da sembrare quello di un dio. Psiche, quando trovò il coraggio di entrare, scoprì che le sale interne erano più splendide, tutte ricolme di tesori provenienti da ogni parte del mondo, ma la cosa più strana era che tutte quelle ricchezze sembravano abbandonate. Lei di tanto in tanto si domandava di chi fossero tutti quei beni preziosi, e delle voci gli rispondevano che era tutto suo e che loro erano dei servitori al suo servizio. Giunta la sera lei si coricò su un giaciglio e sentì un’ombra che riposava al suo fianco, si spaventò, ma subito dopo, un caldo abbraccio la avvolse e sentì una voce mormorarle che lui era il suo sposo, e che non doveva chiedere chi fosse ma soprattutto non cercare di guardarlo, ma di accontentarsi del suo amore. La soffice voce e le morbide carezze vinsero il cuore di Psiche e lei non fece più domande. Per tutta la notte si scambiarono parole d’amore, ma prima che l’alba arrivasse, il misterioso marito sparì, promettendole che sarebbe tornato appena la notte fosse nuovamente calata. Psiche attendeva con ansia la notte, e con questo l’arrivo del suo invisibile marito, ma i giorni erano lunghi e solitari, quindi decise, con l’assenso del marito, di fare venire le sue sorelle, anche se Amore l’avvertì che sarebbero state causa di dolore e d’infelicità. Il giorno seguente, un Zefiro portò le due sorelle da Psiche, lei fu felice di rivederle, e le due non furono di meno vedendo le ricchezze che possedeva. Ogni volta che le due facevano domande sul marito, Psiche sviava sempre la risposta o rispondeva che era un ricco re che per tutto il giorno andava a caccia. Le sorelle s’insospettirono delle strane risposte che dava Psiche, loro credevano che stesse nascondendo il marito perché era un mostro. Queste allusioni Psiche li smentì tutte, fino a quando non cedette e raccontò che lei non aveva mai visto il marito e che non conosceva nemmeno il suo nome. Allora le due maligne, accecate dalla gelosia, insinuarono nella mente della povera ragazza che suo marito doveva essere un mostro il quale nonostante le sue belle parole non avrebbe tardato a divorarla nel sonno. Quella notte come sempre Amore raggiunse Psiche e dopo averla abbracciata si addormentò. Quando fu sicura che egli dormisse, si alzò e  prese una lampada per vederlo e un coltello nel caso in cui le avrebbe fatto del male. Avvicinandosi al marito la luce della lampada gli rivelò il più magnifico dei mostri, Amore era disteso, coi riccioli sparsi sulle guance rosate e le sue ali stavano dolcemente ripiegate sopra le spalle. Accanto a lui c’erano il suo arco e la sua faretra. La ragazza prese fra le mani una delle frecce dalla punta dorata, e subito fu infiammata di rinnovato amore per suo marito.  Psiche moriva dalla voglia di baciarlo e sporgendosi, su di lui, fece cadere sulla sua spalla una goccia d’olio bollente dalla lampada. Svegliato di soprassalto, Amore balzò in piedi e capì quello che era successo e disse che lei aveva rovinato il loro amore e che ora erano costretti a separarsi per sempre. Lei si gettò ai suoi piedi ma Amore dispiegò le ali e scomparve nell’aria e con lui anche il castello. La povera Psiche si ritrovò da sola nel buio, chiamando invano l’amore che lei stessa aveva fatto svanire. Il primo pensiero di Psiche fu quello della morte, correndo verso la riva di un fiume lei si gettò dentro ma la corrente pietosa la riportò sull’altra riva, cosi iniziò a vagare per il mondo a cercare il suo amore. Amore, invece, tormentato dalla febbre per la spalla bruciata, o forse dallo stesso dolore di Psiche, trovò rifugio presso la dimora materna. Afrodite, quando venne a sapere che suo figlio aveva osato amare una mortale, che tra l’altro sua rivale, lo aggredì. Ma non potendo fare niente di male al figlio pensò di vendicarsi su Psiche, e con il permesso di Zeus mandò  Ermes in giro per il mondo a divulgare la notizia che Psiche doveva essere punita come nemica degli dei, e che il premio per la sua cattura sarebbero stati sette baci che la stessa dea avrebbe donato. La notizia giunse fino alle orecchie di Psiche, che decise di sua volontà di andare sull’Olimpo a chiedere perdono. Appena arrivata sull’Olimpo, Afrodite,  le strappò i vestiti e la fece flagellare, affermandole che questa era la punizione di una suocera addolorata per il figlio malato. Dopodiché le ordinò di ammucchiare un cumulo di grano, orzo, miglio e altri semi; di prendere un ciuffo di lana dal dorso di una pecora selvatica dal manto dorato; di riempire un’urna con le acque delle sorgenti dello Stige. In poche parole tutti compiti impossibili, che però Psiche riuscì a compiere con l’aiuto di formiche, che accumularono il grano, di una ninfa, che le spiegò come e quando avvicinare la pecora, e perfino dell’aquila di Zeus, che l’aiutò a prelevare le  acque dello Stige. Queste erano solo alcune delle crudeltà che Afrodite infliggeva alla povera Psiche, ma quando Amore seppe di quello che stava succedendo in casa di sua madre, salì sull’Olimpo da Zeus per permettere il suo matrimonio con Psiche. Zeus, non potendo rifiutare la supplica di Amore, fece riunire tutti gli dei dove partecipò anche Psiche. A questa assemblea Zeus decise di elevare al grado di dea, Psiche. Cosi dicendo egli diede la coppa di nettare divino alla mortale che accettò con molta paura. Dopo svariate sofferenze, Psiche fu ben accolta sull’Olimpo, anche da sua suocera poiché aveva ridonato il sorriso al figlio, lo stesso giorno fu allestito un banchetto nuziale per festeggiare la nuova coppia. Amore e Psiche avevano trovato la felicità, ed il loro figlio fu una splendida femminuccia, alla quale fu dato il nome di Voluttà.  


martedì 27 gennaio 2015

ART BRUT: uno sguardo sottile su Aloise

Colpisce la storia di Aloïse Corbaz: innamorata di Kaiser Gugliemo II, sopraffatta dalla schizofrenia, è stata internata in un manicomio e lì ha trascorso la sua vita fino alla fine.

Il mondo esterno in cui aveva vissuto era andato in pezzi, costretta all’isolamento dalla società, ha trovato in sé la forza per far vivere il suo mondo interno.

Nelle opere di Aloïse  troviamo re, regine, principi e principesse, fiori, … una continua rappresentazione di storie d’amore. Spesso creava la notte, nel silenzio, nei bagni, su carte  furtivamente raccolte, talvolta unite con ago e filo. Una storia romantica e tragica allo stesso tempo.

I colori forti, la femminilità sempre e ovunque rappresentata. Lei credeva in un sogno e solo rappresentandolo poteva farlo esistere, a dispetto di tutto e tutti, a dispetto dei medici e delle convenzioni sociali.

Possiamo chiamare follia quell’istinto primordiale di sopravvivere a tutto, alle proprie sciagure, a sentire che si può “morire fuori ma non dentro”?

Io penso che sia una grande testimonianza che al di là delle “patologie”, l’arte, intesa come libera espressione di se stessi, possa aiutare chiunque a tenere ben stretti i propri sogni e a farli librare nell’aria.


 

lunedì 26 gennaio 2015

L'essenziale

Quando certe "cose" intorno a noi non funzionano, vediamo ingiustizie, rapporti con gli altri non veri, sofferenze, distacco, indifferenza, mai penseremmo che il punto di partenza sia lavorare su noi stessi. Invece è lì il trampolino!

E si inizia a perdere quel senso di onnipotenza o di poter dover cambiare il mondo intero. E le persone non diventano diverse ma si trasforma il nostro modo di guardarle o di non guardarle! 
Ed in certi casi scatta invece la ribellione ai cliché, si vuole far vedere anche il nostro punto di vista! In modo pacifico, ma emerge anche il nostro dire o non dire.

E non ci interessa avere una platea, ma certo la fiducia dei propri passi arriva da piccole conferme che ora sappiamo cogliere e dare il giusto valore.

Ognuno di noi ha posto in questo mondo e può dare il proprio contributo, l'essenza e' però nostra, personale. A noi il compito di darle Vita!



Partire all'avventura, come Ulisse

In questi giorni ho ripensato ad Ulisse e al viaggio che intraprese  alla scoperta di se'.

Partire dalla terra natale, lasciare casa, affetti, sicurezze, per trovare chissà che cosa...

Ma senza questo viaggio ricco di conoscenze, di ostacoli, di sfide, non avrebbe potuto superare le proprie paure e focalizzare il proprio progetto di vita.

La nostra vita e' come quella di Ulisse, ad un certo punto dobbiamo prendere in mano le redini della nostra vita, staccarci dai "se" e dai "ma"e partire alla ricerca di noi stessi. 

Sarà un viaggio lungo e dovremo essere pazienti e coraggiosi, ma arriverà il momento in cui anche noi torneremo ad Itaca e la apprezzeremo perché i nostri occhi avranno una nuova luce, perché sapremo di essere al posto giusto nel momento giusto.






Un Amore infinito

"Una delle sensazioni più belle al mondo è quando abbracci qualcuno e lui ricambia stringendoti più forte." cit.

Grazie a tutte le persone che in questo periodo mi scaldano il cuore e portano luce dove pensavano non ve ne fosse più.

E' questa la Vera ricchezza, la Vita che scorre, la fiducia nei propri passi ed in quelli degli altri. Perché stringendoci le mani possiamo proseguire e cambiare un piccolo frammento di mondo, partendo dal nostro.
Questo e' Amore!



domenica 25 gennaio 2015

Materiali artistici, veicoli di emozione

In questi giorni volevo leggere qualcosa sui materiali quali pennarelli, matite, tempere ecc. come veicolo di emozione, ma non trovavo niente che mi soddisfacesse sul web.

Oggi illuminata da mio figlio di cinque anni:"Mamma le matite stancano, sono meglio i pennarelli!". 
"E gli acquarelli" chiedo io, "sono meglio delle tempere?". "Certo mamma! Basta un po' di acqua e solo leggeri da usare".

Quanto da imparare dai bambini! La verità, semplice la custodiscono loro! LOVE


giovedì 22 gennaio 2015

I miei momenti (17.05.2014)


Quando nasce e riposa il giorno 

Quelli sono i miei momenti

Dedicati delicati 

In cui trovo la mia dimensione. 

Ritrovo tutto:

I suoni i rumori i colori il silenzio

Che durante il giorno non sono permessi.

Mi affascina il solo stare immersa 

In questa nuvola di pace

Dove sono io come protagonista del cammino che faccio

Solitaria ma consapevole

Ed è dolce non sentire se non quello che il cuore prova 

Manipolando la Creta

La creta è un materiale malleabile, che dal “blocco” prende la forma che gli si dà, attraverso la pressione delle dita, delle mani.

Si può togliere, aggiungere, creare forme reali o fantasiose, “casuali”.

In tutto ciò la sensazione è diversa rispetto ad utilizzare un supporto cartaceo, tempere, acquarelli, …

E’ un’esperienza polisensoriale: ha un profumo, è fredda, appiccica…

Tutto è plasmabile! Le nostre dita possono accarezzare, lisciare la creta, oppure creare buchi. Possiamo realizzare forme, animali, facce, qualsiasi oggetto e modificarli in corso d’opera.

 

Lo spazio tridimensionale aiuta a far emergere se stessi, i propri sentimenti.

Si sente la potenza di questo materiale, come se fosse terra/origine, un ricordo antico…

 

Quando la creta inizia ad asciugarsi assume un colore grigio chiaro ed alcune parti sottili o che non hanno ben aderito possono staccarsi. Qualora succeda può essere frustante, come nella vita quando qualcosa non è come si pensava. E su ciò si può lavorare.

 

Qualora invece dia fastidio come materiale al tatto è consigliabile l’utilizzo di guanti.

 

Dare forma alla materia aiuta la propria consapevolezza e l’esserci in quel preciso momento.

Mentre si aggiunge creta è come se si creasse una struttura, una base, mentre quando si toglie o si distrugge, è come se si facesse spazio, come se si rimuovesse ciò che non fa parte di sè.

 

Il potere della creta aiuta a passare da un’esperienza istintiva a cercare riflessione e risposte dentro di noi.

 

Il "Cadavere Squisito"

Il "Cadavere Squisito" è un gioco di origine surrealista che consiste nel creare un'immagine o un testo, in un lavoro di gruppo. 
Noi abbiamo provato prendendo tre cartoncini neri formato A2, piegati ciascuno in tre parti.
Ognuna di noi ha lavorato su una di queste parti, ripiegando il foglio terminata l'immagine, passandolo all'altra.
La sorpresa nel vedere il risultato finale: colori e forme che riprendono, richiami, un senso di continuità... Questa è la "magia dell'inconscio"!!



mercoledì 21 gennaio 2015

La Danza della poesia



Da pochi mesi mi sono iscritta ad un corso di danza del ventre e, incuriosita dalle sue origini, sto conoscendo questa danza antica.

Nata come culto della Dea Madre, la danza del ventre veniva praticata durante i riti di fecondità e prosperità, non solo in Medio Oriente (diversi reperti archeologici lo confermano). Il mito della Dea Madre è infatti presente in diverse culture e in diversi periodi storici (Venere per i romani, Demetra per i Greci, Iside per gli egiziani, Ishtar nella mitologia babilonese, …).

La pancia della donna (in quanto simbolo di procreazione, fertilità, accoppiamento, nutrimento), quale aspetto centrale nella danza del ventre, ci conduce fino al mistero della vita, all’immagine della donna quale madre e all’origine di ogni cosa.

 

A parte i benefici che ne trae il corpo, nella postura e nel rilascio delle tensioni, “magica” è la sensazione della “meditazione  attiva, in movimento”.

Il corpo segue quasi naturalmente la musica, che ha suoni ritmati, spesso accompagnati da un unico strumento. Una musica che si fonde con i movimenti ancheggianti, con gli otto, con i passi dei piedi a contatto con la terra. Lo stesso corpo della donna, attraverso la cintura di chiffon produce, un suono di campanellini ad ogni movenza.

La nostra femminilità riemerge attraverso il contatto con la terra, le nostre radici. Mentre il corpo segue i movimenti sinuosi, ampi, sempre più emerge la sensazione di ondeggiare portando l’acqua che è dentro di noi, la sorgente della vita.

Attraverso la musica e la danza, la creatività ritrova un suo spazio dove la ragione si concilia con la passione. Affiorano gioia, complicità e fiducia in noi stesse, nelle nostre capacità.

La disposizione in forma circolare consente di celebrare un femminile positivo. Inoltre il gruppo porta a un naturale confronto utilizzando un mezzo di comunicazione “non verbale”. Ed il saluto, alla fine del corso, la congiunzione delle mani, è carico di un “grazie” ad ognuna per esserci stata, con tutta sé stessa, ed allo stesso tempo è un “arrivederci”.

Consigliato anche alle donne in gravidanza, è una danza che non ha proprio controindicazioni, anzi è la danza che forse meglio celebra il contatto che ognuna di noi dovrebbe sempre avremo col proprio io femminile, con la propria identità.

 

Namasté, Elena

 

 

 

 

La rinascita dell'Anima


Il simbolo della Farfalla è comparso quando ho cominciato a sentire in me che qualcosa era in movimento, sensazioni nuove, risposte che potevo trovare solo dentro di me.

Vedevo la farfalla ovunque, da quella che vola nei prati a immagini su internet, su libri,… mi sono state regalate in poco tempo 4 collane…

Per me è un simbolo che arriva quando si è pronti a fare un “salto” verso l’infinito, quando si hanno fiducia e risorse interne che spingono ad uscire dal consueto, dal quotidiano, quando si è pronti per volare.
Volare sopra tutto, guardare il mondo con occhi diversi, riconoscere ciò che più di verò è in noi, ciò che ci manca, senza sentimenti né estremamente positivi né negativi, piuttosto l’accettazione profonda di essere se stessi ed abbandonarsi alla trasformazione che ci chiama, che ci guida verso nuovi orizzonti.

Essere nel “periodo Farfalla” è la preparazione ad una nuova consapevolezza, ed essendo “l’anticamera” è un momento ricco di magia e di ispirazione!

E quel piccolo bruco diventato una bellissima creatura leggera e ricca di colori, né avrà di cose da dire al mondo ;) 

Un abbraccio a tutte le Farfalle
Elena

La farfalla non vive per cibarsi ed invecchiare,
vive solamente per amare, e per questo è avvolta in un abito mirabile…
Tale significato della farfalla è stato avvertito in tutti i tempi e da tutti i popoli…
È un emblema sia dell’effimero, sia di ciò che dura in eterno…
È un simbolo dell’anima.
~• Hermann Hesse •~

domenica 18 gennaio 2015

"Mangia, prega, ama", parole che entrano nel cuore...

"Se sgomberi lo spazio mentale che stai dedicando al pensiero ossessivo di quest’uomo, otterrai un vuoto – una possibile apertura. E indovina che cosa farà l’universo quando troverà quell’apertura? Ci si precipiterà dentro – Dio si precipiterà dentro e ti riempirà di più amore di quanto avresti mai potuto sognare."

"Quando mi sento sola in questi giorni, penso ‘ Se ti senti sola, sta’ sola Liz. Disegna una mappa della solitudine, fermati a studiarla. Goditi tutto quanto puoi,  ma non usare più il corpo o i sentimenti di un’altra persona come un libretto di appunti per i tuoi desideri."
dal film "Mangia, Prega, Ama" 
da PensieriParole <http://m.pensieriparole.it/film/m/mangia-prega-ama-(2010)/citazione-104606?f=w:3855>

sabato 17 gennaio 2015

Pittura col mocio...

Avete mai provato a dipingere con il mocio?!  Il movimento del vostro corpo e del panno sulla carta crea un effetto sorprendente! 
Consigliato non solo alle casalinghe disperate ;)




venerdì 16 gennaio 2015

La Dea della Luna


Nell'antica Babilonia era diffuso il culto della dea ISHTAR, la grande dea Madre, la dea della luna, le cui sacerdotesse praticavano il loro rito religioso attraverso delle danze sacre ondulatorie e sinuose, molto simili all'attuale danza orientale. La dea madre corrispondente per gli antichi egizi fu IASET. Iaset, come Ishtar, e' la dea della luna e si esprimeva in tutta la sua bellezza. La donna egiziana era il riflesso di questa dea misteriosa e affascinante e danzava in suo onore, durante i riti sacri, perche' Iaset esprimesse tutto il suo potere, per concederle la fecondita', la femminilita' e la bellezza.

BELLA ROSENFELD: una grande donna accanto ad un grande uomo


Nella prima parte di Come fiamma che brucia, io, la mia vita e Marc Chagall”, Bella narra con ricchi particolari la sua infanzia, dettata spesso dai ritmi di rituali, festeggiamenti legati alla religione ebraica.

Nata a Vitebsk, in Russia, la più giovane di sette fratelli, era stata l’unica a frequentare una scuola pubblica, anziché ebraica. Studentessa brillante, si era guadagnata una medaglia d’oro che le aveva aperto le porte dell’Università di Mosca, di norma vietata ai figli degli ebrei.

Una “buona famiglia” quella di Bella, in contrapposizione con il ceto sociale di Marc.

Bella attraverso le sue parole trasmette spesso la sensazione di mantenere autocontrollo, ma poi quando incontra Marc, colpita da subito dal suo modo di essere così fluido, in movimento, resta inerme di fronte a lui: Ha i capelli scompigliati. I suoi ricci ricadono giù, si arrotolano, si incollano alla fronte, nascondono occhi e sopracciglia. Ma quando gli occhi si aprono un varco sono blu, venuti dal cielo. Occhi stranieri, non come quelli di tutti, lunghi, a mandorla”.

Quando nel libro descrive il momento in cui Marc Chagall dipinge l’opera “IL COMPLEANNO”, le sue sono parole sono poesia che si fondono con l’immagine:

«Non muoverti, resta dove sei…».Non riesco a stare ferma. Ti sei gettato sulla tela che vibra sotto la tua mano. Intingi i pennelli. Il rosso, il blu, il bianco, il nero schizzano. Mi trascini nei fiotti di colore. Di colpo mi stacchi da terra, mentre tu prendi lo slancio con un piede, come se ti sentissi troppo stretto in questa piccola stanza. Ti innalzi, ti stiri, voli fino al soffitto. La tua testa si rovescia all’indietro e fai girare la mia. Mi sfiori l’orecchio e mormori…”


Marc Chagall scrive, presentando il libro di Bella: “Lei scriveva come viveva, come amava, come accoglieva gli amici. Le sue parole, le sue frasi sono una patina di colore sulla tela”.

Grazie ai quadri sognanti di Chagall ed alle parole di Bella è come se si viene catapultati in una favola antica che non ha né spazio temporale né limite.

Una grande donna accanto ad un grande uomo, e la storia di un Amore Eterno.
 


Elena

 

 

giovedì 15 gennaio 2015

I libri nel mio mondo


La mia passione per i libri è nata presto, forse ancora prima quella per la scrittura.


A sei anni scrivevo brevi racconti fantasiosi sempre con un lieto finale. Ricordi offuscati ... c’erano orsetti, gattini, bambini, personaggi dei cartoni animati a me cari. L’insegnante non credeva fossero miei prodotti, neanche molto i miei genitori. Forse distratti dalle responsabilità, dal menage familiare… o forse solo non pronti.
Quante volte noi adulti non osserviamo seriamente i bambini  perché non riusciamo a spegnere quel "motore" che parte per noi ogni mattina. Riusciamo solo ad accelerare e cercare di arrivare ovunque. Spesso non capiamo neanche quello che stiamo facendo, ma lo facciamo comunque, imperterriti.
Torniamo alla scrittura, ... e poi alla lettura ad alta voce, con cadenza, con interpretazione, fin da subito. La fantasia, i personaggi erano il mio mondo, il modo di colorare tutto ciò che mi circondava. E poi dall'eta' di dieci anni arrivai ai libri di piccole donne, gialli per adolescenti per poi conoscere “must” come le opere di Agatha Christie, Virginia Woolf, Dostoevskij, Shakespeare, Svevo, Joyce, e tanti altri… Le loro parole per me non erano antiche, non erano lontane. Magari mi serviva solo rileggere più volte alcune pagine, fermarmi a pensare, ma tutto era lì, si aprivano nuove e splendide finestre. E la mente viaggiava e incontrava tempi lontani, si immedesimava. Ricchi erano i sogni in quel momento.

Sono sincera nel dire che non ricordo il contenuto di alcuni libri letti, ma è come se ciascuno di loro fosse “entrato in me”, “diventato parte di me”. Come una spugna che assorbe... Non memorizzo date, particolari o frasi, a differenza di altri non ho questa capacità. Piuttosto mi vengono in mente le copertine, i profumi delle pagine, i colori delle mie fantasie, il luogo dove leggevo... Sin da piccola era il mio momento esclusivo, il mondo in cui mi immergevo: un libro, la mia stanza, le mie sensazioni, il mio pensiero che senza paura della follia vagheggiava.
Dopo tanti anni in cui avevo letto quasi solo libri sulla gravidanza o sull'educazione dei bambini, sono tornata ora, con fatica (disabitudine!), a leggere quei contenuti che per molte persone sono “pesanti”, per me invece fonte di ispirazione e grande tesoro per l'umanità.  Serve solo una semplice chiave di lettura.
Grazie alle ninfe che mi hanno portato qua! Siamo soli, ma insieme agli altri siamo un tuttuno, un cerchio, un piccolo mondo.
Elena

RIFLESSIONI SULLA TEORIA DELLA GHIANDA (Hillman)


Leggendo la “Teoria della Ghianda” di Hillman, rifletto su alcuni punti, principalmente:
 
·         La presenza continua e salvifica del nostro daimon (o angelo custode)

Diamo sempre tutto per scontato: il fatto che siamo su questa terra, che siamo vivi, che siamo come siamo “perfetti”, “imperfetti”, alti, bassi,… Non pensiamo mai che dovremmo ringraziare, al di là che ci riconosciamo o meno in una dottrina religiosa, il fatto che NOI SIAMO! E SIAMO QUI ORA CON IL NOSTRO CORPO, LA NOSTRA ANIMA, il nostro cuore batte, il nostro cervello pensa, il nostro corpo si muove.

Soffermiamoci guardando verso la buona stella che ci segue sempre e che ci accompagna nel nostro cammino, qualunque esso sia. Non siamo nati soli, non siamo “vuoti”, non siamo vittime.

Dobbiamo solo aver il coraggio di riscattarci, di tornare a vedere la vera immagine di noi, quella che è nascosta nella ghianda, la nostra immagine, riappropiamocene! Con coraggio e autoderminazione.

·         Il senso della nostra vocazione

Ognuno di noi sono sicura in uno o più momenti della vita ha sentito come una chiamata, come qualcosa che ci tirasse a se'. Dobbiamo comprendere la ragione per cui siamo vivi, perché noi siamo unici, irripetibili al mondo e scriviamo ogni giorno la nostra biografia.

·         La teoria della ghianda come una psicologia dell’infanzia
 
Tante volte mi arrabbio quando sento descrivere i bambini come fonte di patologie. “Iper” qualcosa,  “troppo” qualcosa, “non abbastanza”.

E’ chiaro è anche un tranello in cui spesso incappiamo noi genitori.
Ma invece di abbandonarci a etichette, cerchiamo di comprendere che alcuni atteggiamenti dei nostri bambini servono forse a proteggere il loro mondo, la loro ghianda!

Proviamo a rovesciare il nostro pensiero, a vedere l’altra faccia della moneta. E riconoscere loro come autentici ed unici, provando a vedere i piccoli frammenti di quello che potrà essere il loro futuro, il loro indirizzo.
Siamo noi che dobbiamo cercare l'accesso al mondo dei bambini e non il contrario!
 
Elena

mercoledì 14 gennaio 2015

Pensieri con Beuys

"Ogni Uomo è un’artista” per il fatto che è un uomo (arte antropologica di Beuys: l’uomo si orienta verso la luce del pensare).


Beuys ha piena fiducia nell’uomo e nel suo pensiero. Afferma che i pensieri sono come le sculture, sono forme. Questi pensieri possono essere plasmati, in modo sempre più artistico. Gli ingredienti essenziali sono il calore, l’entusiasmo per ciò che fa.
Beuys usa materiali comuni, semplici, che comunicano calore (feltro, margarina, grasso,…). Sconcerta, sbalordisce la sua semplicità, così vera così pura!
Nella vita di tutti i giorni vi è un arricchimento all’eccesso, distrazione dall’essenza, mentre lui dà valore a ciò che ne ha e toglie quel di più che appesantisce, che distoglie lo sguardo.
Per Beuys tutto è arte: la vita, la politica, l’economia, la società, la cultura. E’ l’uomo l’artefice, in quanto pensante.
Dopo aver parlato dell’individualità dell’uomo, nel libro “La rivoluzione siamo noi” porta l’attenzione sulla parte interiore dell’uomo. Per conoscere noi stessi dobbiamo guardare tutto ciò che ci circonda, il mondo fuori è il nostro mondo dentro e solo conoscendolo possiamo mettere in atto una trasformazione.
Beuys vede nella natura un modello sociale, dove non vi è una lotta per la sopravvivenza, ma una cooperazione tra gli elementi. Torniamo all’essenziale, ciò che forse diamo per scontato, ma che ha una sua concretezza e base, e funziona!                                                                                                Mi viene in mente ora alla formazione della pioggia: il liquido che evapora dagli oceani sotto forma di vapore si condensa nelle nuvole e cade a terra; l’acqua torna negli oceani attraverso il ruscellamento, i laghi, i fiumi e le falde sotterranee,... ed il ciclo è pronto a ripetersi. Uso un termine che da anni centellino, sembra tutto così “perfetto”. E questa “perfezione” non necessita di spiegazioni, forse solo di riflessione: questa condensazione, questo scambio, questo dare e avere per essere di nuovo pronti a ripartire. Questo ciclo così vitale e necessario, c’è, esiste, è terribilmente dato per scontato, ma è una delle manifestazioni della cooperazioni degli elementi.
Beuys sì era concentrato sul libro di Steiner “La filosofia della libertà”.L’arte non è solo per acculturati, elitari, l’arte è il vivere. E l’uomo può creare col proprio pensiero.
Per Beuys è importante il ruolo dell’uomo nel sociale, mentre oggigiorno l’uomo crea per consumare, ma non per costruire, per creare.
Ci vuole creatività e questa può essere impiegata in qualsiasi contesto, in qualsiasi professione. Per lui la morte non è fine, ma è necessaria per il processo di conoscenza dell’uomo.
Beuys non vuole rendere la sua arte simbolica, lui vuole che l’opera sia guardata nella sua interezza, nella sua globalità, non che sia interpretato “ciò che ci sta dietro".
Sono rimasta colpita da “La Sedia” (1964). Il grasso è calore, ed è ciò che è plasmabile (è scultura potenziale); la sedia riconduce a una base solida su cui si fonda la creatività.


Vedendo invece la foto con la lepre,  dove Beuys è un’opera, e leggendo di come si immerge nella natura, nel mondo e vivere degli animali e come usa i suoi prodotti (per esempio per lui il miele non è simbolico ma è il prodotto dalle api, le creature che incarnano l’ideale di società laboriosa di calore e fratellanza), penso alle opere di Chagall, dove anche lì troviamo quell’essenzialità, quel mondo interno legato all’esterno, quella fiducia nel futuro, l’importanza e la presenza della natura, degli animali,… E ciò mi sembra un collegamento…
Certo due artisti, diversi, ma importanti, di “radici” differenti, ma uomini. Uomini che hanno cercato attraverso l’arte di comunicare. Di fare della propria vita un’opera, qualcosa però che non ha un valore egocentrico, ma universale. Un lascito importante, un messaggio di speranza, di fiducia, un messaggio forte che mi spinge a pensare che possiamo credere nelle nostre convinzioni (autodeterminazione), plasmandole nel corso della vita, lasciando sempre uno “spazio aperto a”. (come dice Panikkar). Deve esserci un vuoto e deve esserci un’apertura. Lì troviamo la luce, lì troviamo una comprensione che non va spiegata, ma che possiamo sentire col cuore e la mente. Lì troviamo la risposta alla nostra esistenza e ciò che ci siamo, ora in questo momento, siamo vivi, respiriamo, siano noi, così terribilmente perfetti ed imperfetti allo stesso tempo, con i nostri dubbi e le nostre sicurezze, con le nostre sofferenze e le nostre gioie. Siamo noi ed a noi, alla nostra essenza dobbiamo tenerci saldi e trovando corrispondenza in nostri simili possiamo edificare un mondo nuovo, togliendo il velo che ci separa dall’essenziale, dal vero.
Elena


Un nuovo inizio


Grazie alle fantastiche ragazze incontrate nel corso Arteterapia I di Lecco mi sono decisa ad aprire un blog. Non è la prima volta che ci provo, ma chissà, forse questa sarà quella buona! ;)
Elena