mercoledì 21 gennaio 2015

La Danza della poesia



Da pochi mesi mi sono iscritta ad un corso di danza del ventre e, incuriosita dalle sue origini, sto conoscendo questa danza antica.

Nata come culto della Dea Madre, la danza del ventre veniva praticata durante i riti di fecondità e prosperità, non solo in Medio Oriente (diversi reperti archeologici lo confermano). Il mito della Dea Madre è infatti presente in diverse culture e in diversi periodi storici (Venere per i romani, Demetra per i Greci, Iside per gli egiziani, Ishtar nella mitologia babilonese, …).

La pancia della donna (in quanto simbolo di procreazione, fertilità, accoppiamento, nutrimento), quale aspetto centrale nella danza del ventre, ci conduce fino al mistero della vita, all’immagine della donna quale madre e all’origine di ogni cosa.

 

A parte i benefici che ne trae il corpo, nella postura e nel rilascio delle tensioni, “magica” è la sensazione della “meditazione  attiva, in movimento”.

Il corpo segue quasi naturalmente la musica, che ha suoni ritmati, spesso accompagnati da un unico strumento. Una musica che si fonde con i movimenti ancheggianti, con gli otto, con i passi dei piedi a contatto con la terra. Lo stesso corpo della donna, attraverso la cintura di chiffon produce, un suono di campanellini ad ogni movenza.

La nostra femminilità riemerge attraverso il contatto con la terra, le nostre radici. Mentre il corpo segue i movimenti sinuosi, ampi, sempre più emerge la sensazione di ondeggiare portando l’acqua che è dentro di noi, la sorgente della vita.

Attraverso la musica e la danza, la creatività ritrova un suo spazio dove la ragione si concilia con la passione. Affiorano gioia, complicità e fiducia in noi stesse, nelle nostre capacità.

La disposizione in forma circolare consente di celebrare un femminile positivo. Inoltre il gruppo porta a un naturale confronto utilizzando un mezzo di comunicazione “non verbale”. Ed il saluto, alla fine del corso, la congiunzione delle mani, è carico di un “grazie” ad ognuna per esserci stata, con tutta sé stessa, ed allo stesso tempo è un “arrivederci”.

Consigliato anche alle donne in gravidanza, è una danza che non ha proprio controindicazioni, anzi è la danza che forse meglio celebra il contatto che ognuna di noi dovrebbe sempre avremo col proprio io femminile, con la propria identità.

 

Namasté, Elena

 

 

 

 

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