Beuys ha piena fiducia
nell’uomo e nel suo pensiero. Afferma che i pensieri sono come le sculture,
sono forme. Questi pensieri possono essere plasmati, in modo sempre più
artistico. Gli ingredienti essenziali sono il calore, l’entusiasmo per ciò che
fa.
Beuys usa materiali
comuni, semplici, che comunicano calore (feltro, margarina, grasso,…). Sconcerta,
sbalordisce la sua semplicità, così vera così pura!
Nella vita di tutti i
giorni vi è un arricchimento all’eccesso, distrazione dall’essenza, mentre lui
dà valore a ciò che ne ha e toglie quel di più che appesantisce, che distoglie
lo sguardo.
Per Beuys tutto è
arte: la vita, la politica, l’economia, la società, la cultura. E’ l’uomo
l’artefice, in quanto pensante.
Dopo aver parlato dell’individualità
dell’uomo, nel libro “La rivoluzione siamo noi” porta l’attenzione sulla parte
interiore dell’uomo. Per conoscere noi stessi dobbiamo guardare tutto ciò che
ci circonda, il mondo fuori è il nostro mondo dentro e solo conoscendolo
possiamo mettere in atto una trasformazione.
Beuys vede nella
natura un modello sociale, dove non vi è una lotta per la sopravvivenza, ma una
cooperazione tra gli elementi. Torniamo all’essenziale, ciò che forse diamo per
scontato, ma che ha una sua concretezza e base, e funziona!
Mi viene
in mente ora alla formazione della pioggia: il liquido che evapora dagli oceani
sotto forma di vapore si condensa nelle nuvole e cade a terra; l’acqua torna
negli oceani attraverso il ruscellamento, i laghi, i fiumi e le falde sotterranee,...
ed il ciclo è pronto a ripetersi. Uso un termine che da anni centellino, sembra
tutto così “perfetto”. E questa “perfezione” non necessita di spiegazioni,
forse solo di riflessione: questa condensazione, questo scambio, questo dare e
avere per essere di nuovo pronti a ripartire. Questo ciclo così vitale e
necessario, c’è, esiste, è terribilmente dato per scontato, ma è una delle
manifestazioni della cooperazioni degli elementi.
Beuys sì era
concentrato sul libro di Steiner “La filosofia della libertà”.L’arte non è solo
per acculturati, elitari, l’arte è il vivere. E l’uomo può creare col proprio
pensiero.
Per Beuys è importante
il ruolo dell’uomo nel sociale, mentre oggigiorno l’uomo crea per consumare, ma
non per costruire, per creare.
Ci vuole creatività e questa può essere impiegata in
qualsiasi contesto, in qualsiasi professione. Per lui la morte non è fine, ma è
necessaria per il processo di conoscenza dell’uomo.
Beuys non vuole
rendere la sua arte simbolica, lui vuole che l’opera sia guardata nella sua
interezza, nella sua globalità, non che sia interpretato “ciò che ci sta dietro".
Sono rimasta colpita
da “La Sedia” (1964). Il grasso è calore, ed è ciò che è plasmabile (è scultura
potenziale); la sedia riconduce a una base solida su cui si fonda la
creatività.
Vedendo invece la foto con la lepre, dove Beuys è un’opera, e leggendo di come si immerge nella natura, nel mondo e vivere degli animali e come usa i suoi prodotti (per esempio per lui il miele non è simbolico ma è il prodotto dalle api, le creature che incarnano l’ideale di società laboriosa di calore e fratellanza), penso alle opere di Chagall, dove anche lì troviamo quell’essenzialità, quel mondo interno legato all’esterno, quella fiducia nel futuro, l’importanza e la presenza della natura, degli animali,… E ciò mi sembra un collegamento…
Certo due artisti,
diversi, ma importanti, di “radici” differenti, ma uomini. Uomini che hanno
cercato attraverso l’arte di comunicare. Di fare della propria vita un’opera,
qualcosa però che non ha un valore egocentrico, ma universale. Un lascito
importante, un messaggio di speranza, di fiducia, un messaggio forte che mi
spinge a pensare che possiamo credere nelle nostre convinzioni
(autodeterminazione), plasmandole nel corso della vita, lasciando sempre uno “spazio
aperto a”. (come dice Panikkar). Deve esserci un vuoto e deve esserci
un’apertura. Lì troviamo la luce, lì troviamo una comprensione che non va
spiegata, ma che possiamo sentire col cuore e la mente. Lì troviamo la risposta
alla nostra esistenza e ciò che ci siamo, ora in questo momento, siamo vivi, respiriamo,
siano noi, così terribilmente perfetti ed imperfetti allo stesso tempo, con i
nostri dubbi e le nostre sicurezze, con le nostre sofferenze e le nostre gioie.
Siamo noi ed a noi, alla nostra essenza dobbiamo tenerci saldi e trovando
corrispondenza in nostri simili possiamo edificare un mondo nuovo, togliendo il
velo che ci separa dall’essenziale, dal vero.
Elena
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